Siamo già morti mille volte, incarnati nella nostra inutilità, non volenti e nocivi, sconvolti dalla mutua illusione di esistere che è implosa di colpo, respirandoci via.
L'iniquità della vita ci condanna ad una veglia che sperimenta in eterno le stesse futili cose mentre stingiamo sullo sfondo bianco di una morte che non è più nostra, di una vita parlata da altri e nella frattura fende la via un eterno riflusso di noia.
Ti sfioro ma sei lontana, inaccessibile, in un luogo recondito che a malapena riesco a vedere.