Non c'è naufragio che mi contenga. Nascosto sul più luminoso dei troni attendo la fine. Marcirò contemplando morente nel tempo i rasoi che scivoleranno via.
Il polso trema e risuona nell'aria questo vasto richiamo di oltraggio a ricordarmi, ancora una volta che sono vivo, morto e infinito. Le metafore dell'abisso, angoscia allo stato larvale,
A ricordarmi ancora una volta che sono vivo, morto e infinito.
Migliaia di volte ho ricercato il tormento nel feticcio di un dio inaridito, per realizzare che sono un errante senza sentieri che ha dimenticato come ci si perde.
Il contegno inganna sempre, mi schiero ma non ho piu parti tranne la ripugnante ossessione che incombe sul prezioso e caro dono della noia che custodisco. Un dramma vuoto e insanabile: vita.