È un atroce dissenso a muovermi da sincronie voluttuose e stanziali verso incombenze spaziali e inconsuete.
Incavi sfuggenti, supplizio d'istanti esecrati.
Non ho più spazi dove paralizzare l'azione, per sublimare nel fango dell'Io e non riconoscermi più.
In questo vuoto imminente e insidioso la geometria dell'assenza s'impone e si riflette sinistra sulle onde scure del mio stesso naufragio, tracciando spasmi che mi annientano.
Muto, affondo nel ricordo di me, ingannato ed imploso. Affondo muto dentro di me, imploso.